In Florida si spegne Giorgio Chinaglia:, la Lazio piange per la scomparsa di un'altra parte della sua storia

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Giorginho Ronaldo Guapo
view post Posted on 2/4/2012, 20:25     +1   -1




In Florida si spegne Giorgio Chinaglia: la Lazio piange per la scomparsa di un'altra parte della sua storia... Good Bye Long John



Dopo Francesco Mancini, altro lutto nel mondo del calcio e per la Lazio in particolare: Giorgio Chinaglia, all’età di 65 anni è scomparso a causa di un infarto. Già martedì c’era stata una prima avvisaglia con un piccolo arresto cardiaco, la crisi sembrava superata poi però le condizioni sono di nuovo precipitate e a seguito di un altro infarto, questa volta letale, Chinaglia se ne è andato. Long John si trovava a Naples, in Florida, la città dove aveva scelto di concludere la sua vita, in quegli Stati Uniti dove aveva vissuto una parentesi anche nella sua carriera di calciatore con i Cosmos insieme a Pelè e Beckenbauer, ma la sua vera vita calcistica è sempre stata tinta di biancoceleste in quei sette anni suggellati dalla conquista da protagonista del primo scudetto della Lazio. La redazione de Lalaziosiamonoi.it non può far altro che esprimere le sue più sincere condoglianze associandosi al dolore dei parenti e delle tantissime persone che gli hanno voluto bene. Per ricordarlo vi riproponiamo la sua ultima video intervista rilasciata poco più di un mese fa a tuttomercatoweb:



Ecco l'intervista a Chinaglia pubblicata dal Magazine di Tuttomercatoweb a firma di Stefano Giannone...

Clima mite che sa di primavera, una primavera che da queste parti non tramonta mai. Naples, Florida a sei mila miglia di distanza dall’Italia. Un Oceano di mezzo e un mondo completamente diverso in cui decidere di vivere. Giorgio Chinaglia lo ha scelto, trasformandolo in un piacevole ‘esilio volontario’, dopo l’ultimo scandalo che lo ha visto coinvolto nel nostro paese. Si tratta della tentata scalata alla SS Lazio del 2006, quella che costò a lui un mandato di cattura europeo per riciclaggio (Chinaglia per questo è attualmente latitante) e a tanta gente allora implicata nella vicenda persino la galera. Una brutta storia insomma, una pagina oscura di un campione d’altri tempi, che aggiunge un capitolo controverso ad una già stravagante esistenza. “Entrate, prego, ho appena finito la mia trasmissione radio. The Football Show…”, ci accoglie così Long John allo doppio squillo del campanello di casa sua. A spalancarci la porta del suo appartamento, alle 10 del mattino è un uomo grande, alto, dal passo lento e i lineamenti duri, scavati dal tempo. Ma la testa incassata nelle spalle e lo sprint dei tempi andati che non c’è più, non cancellano affatto quell’alone di fascino che lo circonda. “Andato bene il viaggio?! Avete sentito che clima c’è qui ? In Florida fa caldo tutto l’anno, anche per questo si vive meglio…”. È lui Giorgione, il campionissimo degli anni ’70, l’idolo più amato e al contempo più odiato dai tifosi della Lazio. Calcio e cazzotti, gol e successi, un carattere forte in mezzo al campo, ma anche un’abilità innata ad infilarsi nei guai. Uno scudetto vinto a Roma nel ’74, l’avventura con i Cosmos di Pelè e Beckenbauer, la presidenza della ‘sua Lazio’ negli anni ’80, naufragata sull’orlo di un fallimento, per chiudere poi con il capitolo degli scandali: quello con il Foggia qualche anno fa e quello con la Lazio nell’era Lotito.
Giorgio ma chi è il vero Chinaglia?
“E’ quello che vedi ogni giorno. Non mi piace la gente bugiarda e per questo dico sempre quello che penso. La mia vita è molto semplice, porto con me i ricordi di sempre e ringrazio Dio per il fisico e la salute che ancor oggi mi conserva. Poi se invece parliamo della mia carriera il vero Chinaglia lo ritrovo nella mia esperienza da calciatore, ma non in quella da presidente…”
Come mai?
“Scelte sbagliate. Ero troppo innamorato della Lazio, non vedevo i difetti e mi sono fidato troppo di chi mi circondava. Per il resto il calcio me lo sono vissuto a pieno come una professione anche lontano dalla stanza dei bottoni. Da commentatore Tv prima e conduttore radiofonico ora…”
The Football Show, giusto ?
“Si, è un programma sul calcio, che conduco ogni mattina su Sirius XM. È un canale satellitare che conta 35 milioni di abbonati. Qui negli States le radio nelle macchine ricevono dal satellite e i nostri ascoltatori pagano un abbonamento annuale di 10 dollari. Io trasmetto direttamente da casa. Cuffie e microfono ogni mattina e durante le mie ore arrivano i picchi di ascolto… Ricevo tantissime telefonate. e in diretta intervengono dei pezzi grossi del calcio internazionale. Da Ancelotti a Mourinho, da Ferguson a McLeish dell’Aston Villa. La gente impazzisce ”
Il calcio piace ancora negli Stati Uniti allora?
“Certo che piace. Qui seguono tantissimo la Premier League e la Liga. Un po’ meno la Serie A…”
E la Major?
“La Major sta tornado importante, ma è ovvio che tutto è legato ai risultati. Bisogna vedere anche cosa farà la nazionale, maahh secondo me..!”
Cosa?
“Non andrà da nessuna parte e la colpa è di Klinsmann. Non capisce nulla di tattica. Zero schemi e allenamenti inadeguati, ma non lo dico solo io lo ha detto anche Beckenbauer. Non mi piace affatto!!”
Intanto però i Cosmos stanno ripartendo…
“Si è vero. Hanno sede a New York, ma attualmente sono un cantiere in allestimento. Il progetto è quello di entrare nella Lega, ma devono pagare 100 milioni di dollari. Penso che possono farcela. C’è stata una mini rivoluzione nel settore dirigenziale. Ora c’è un gruppo saudita alla guida: Pelè fa il presidente onorario ed io l’Ambasciatore. Cantonà invece si è defilato. Presto andrà via, lui era il Direttore Sportivo”.
Con i Cosmos è un amore iniziato negli anno ’70, proprio come la Lazio?
“Non scherziamo la Lazio è la Lazio, anche se con i Cosmos ho passato anni stupendi. Vennì in vacanza qui nel ’72 e conobbi questa nuova sfida americana chiamata: Cosmos. A giocare con loro però arrivai nel ’76, dopo lo scudetto. Era un progetto ambizioso: introdurre il calcio nella cultura americana. Avevamo stadi pieni tutte le domeniche, più di 75 mila spettatori a partita e all’inizio fu un successone, poi il fenomeno si sgonfiò. Le stelle andarono via e la Major League sparì…”
Lei giocò con Pelè e Beckenbauer…
“No un momento: erano loro a giocare con me! Loro erano solo calciatori io invece facevo anche il dirigente. Nonostante mi dividessi fra campo e scrivania riuscii comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. Ho segnato 243 gol in 253 partite. Nella classifica mondiale IFFHS sono attualmente l’attaccante numero 33 al mondo e il primo in Italia. Ho scavalcato anche Silvio Piola…”
Ma con Pelè che successe?
“Avevo un ottimo rapporto con tutti i miei compagni. Ho chiamato ai Cosmos anche Pino Wilson il mio capitano. Con Pelè i rapporti erano buoni, ma in campo avevamo un problema…”
Ossia?
“Lui veniva sempre al centro dell’attacco e ci pestavamo i piedi. Allora gli ho detto: “Vai a giocare sull’esterno così hai più spazio”. Lui non la prese bene, allora da dirigente gli dissi: “O fai così oppure te ne vai…”
Ride divertito Long John, mentre si accende la sua seconda sigaretta della mattinata. Mettere a tacere Pelè non è cosa da tutti e lui lo sa. Ma per uno che ha mandato a quel paese in mondo visone il CT della Nazionale forse lo è…
“Italia-Haiti la ricordo bene come se fosse ieri. La sera della vigilia mi sono ritrovato con tutta la squadra in una stanza dell’albergo. In campo qualcosa non andava. La questione era il duo Rivera-Mazzola. Con tutti e due titolari si concedeva un uomo all’avversario. Allora mandammo ai voti chi escludere e la maggioranza scelse di far giocare Rivera. Mi feci portavoce della decisione e scrissi su un foglio la formazione che sarebbe dovuta scendere in campo il giorno dopo. Bussai alla porta di Valcareggi e…”
E lì che successe?
“Niente… Lui insonnolito mi disse: “Vai a dormire ci penso io…”. Poi la storia la conoscete. Giocarono sia Rivera che Mazzola, e nel secondo tempo fui sostituito. A quel punto mi arrabbiai molto. Forse era più giusto lasciarmi negli spogliatoi, non togliermi in corsa e a quel punto c’è stato il vaffa. In più ero su tutte le furie per un altro motivo. Pensavo alla Lazio, a noi che avevamo vinto lo scudetto. In quegli anni eravamo i più forti, ma in c’ero solo io, Re Cecconi e Frustalupi. Assurdo!”
Oggi è ancora così secondo lei in nazionale, per i giocatori di certi club?
“Intanto lodo il lavoro di Prandelli. Lui è un grande tecnico. Per il resto penso che Juventus, Milan, e Inter abbiano qualcosa in più rispetto alle altre ed è ovvio che si peschi maggiormente nelle loro rose. Sono contento invece che siano uscite di scena certe persone dallo sport nazionale”
A chi si riferisce?
“Ad esempio Carraro. E’ una brutta persona, mi diede del ‘disadattato’. Allora un giorno in aereo lo invitai a sedersi vicino a me e gli dissi: “Ringrazia che non stiamo soli sennò ti davo tante di quelle botte...”.
Però il calcio in Italia è ancora malato. Oggi si riparla di scommesse. Che ne pensa?
“Che sono dei pazzi! Con tutti quei soldi che guadagnano cercano ancora altro denaro”.
Che carattere Giorgio. Come quello di quella Lazio del ’74…
“Bèh si un bel gruppo bene assortito. Dobbiamo tutto a Tommaso Maestrelli che per me fu come un padre. Gestirmi non era semplice. Pensate: in allenamento facevamo sempre delle partite che non finivano mai. Terminavano solo dopo il gol che mi regalava la vittoria. Una volta era calato il sole. Stavo perdendo di un gol di scarto. Alla fine due miei compagni schierati fra gli avversari rinunciarono e se ne andarono. Io segnai e la partita finì. Ma eravamo 7 contro 5…”
C’erano invidie in quella squadra?
“No direi di no. Gli invidiosi li mandavamo via”
Ad esempio chi?
“Papadopulo! Mi stava sempre addosso, mi invidiava. Una volta arrivai in ritardo in allenamento perché dovevo vedere una ragazza molto carina. Lei abitava davanti casa sua. E lui mi spiò. Quando arrivai al campo voleva dirlo a Maestrelli, ma io l’avevo preceduto. Con Tomaso ero in simbiosi”
Di quegli anni si narrano un fiume di aneddoti stravaganti. Ce ne racconta uno inedito?
“Ve ne racconto uno, fu dopo un Napoli-Lazio finito 1-0 per loro. Mi trovavo in auto con mio padre e stavo andando verso Fuorigrotta. Ad un certo punto dei tifosi del Napoli ci circondarono. Allora io uscii dalla macchina con il mio Winchester e sparai due colpi in aria. In un attimo fu il vuoto. Risalii e ce ne andammo”.
La Lazio è sempre la Lazio, la segue ancora?
“Si certo sempre. E’ la squadra del mio cuore e sto seguendo tutte le partite. Mi piace Klose è forte, anche se ho l’impressione che possa calare di rendimento nel girone di ritorno. Cissè invece è stata una vera delusione. La Lazio la vedo in corsa per il quinto sesto posto, non di più”
Lazio croce e delizia della sua vita. Le ultime vicissitudini in chiave biancoceleste le sono costate care: un mandato di cattura europeo, un’accusa di riciclaggio, un’altra di rapporti con clan camoristici e un’ammenda per 4,2 milioni di euro da parte della Consob per aggiotaggio. Oltre all’ira dei tifosi laziali…
“Tutto risale al 2006, quando delle persone mi avvicinarono spiegandomi che c’era la possibilità di acquisire la società Lazio, assicurandole un futuro migliore. Era un periodo buio per la storia del club. Gli stadi erano vuoti, non c’era entusiasmo ed anche ora non mi sembra che la situazione sia migliorata. Detto questo, ripeto io fui avvicinato da Guido Di Cosimo (facente parte del fantomatico gruppo farmaceutico. Anche lui poi finito in carcere, ndr) che mi parlò della possibilità che Bertarelli avrebbe potuto prendere la Lazio. Il mio ruolo nella vicenda doveva essere solo quello di colui che doveva rappresentare all’opinione pubblica la possibilità di acquisizione della SS Lazio da parte di un gruppo farmaceutico. Per fare questo mi avevano promesso 500 mila dollari. Poi a quel punto il mio compito si sarebbe esaurito ed io sarei tornato in America. Ovviamente non ho ricevuto nulla”

Sta dicendo che non ha mai parlato con nessuno che non sia Di Cosimo?
“Io ho parlato solo con Guido Di Cosimo. Lui ha convocato la stampa, mi ha spedito in Consob con un foglio dove mi aveva scritto il nome di un’azienda ungherese. Mi aveva fornito il materiale che ho letto in una conferenza stampa presso un hotel all’Eur. Come facevo a sapere che non era vero?”
Non esita neanche un attimo nel raccontare un misfatto che ha spezzato per sempre un idillio fra lui e la sua gente. Giorgione non si sottrae alle domande, anzi incalza e gira le accuse verso il suo nemico di sempre: Claudio Lotito…
“Sono passati più di cinque anni e ancora è tutto aperto. Sto aspettando la fine del processo. Ci tengo a ricordare però che la questione dei rapporti con i Casalesi ormai si è stata risolta. Io non le ho mai conosciute queste persone. I Casalesi non c’entrano nulla nella vicenda. La colpa è di Lotito che mi ha infangato e i giornalisti hanno rincarato la dose. A me non importava nulla di questo progetto. Io volevo i 500 mila dollari e poi me ne sarei tornato a casa…”
Ma alla gente laziale non si sente di chiedere scusa ?
“Scusa e per cosa?? Io mi sono fatto portavoce di una possibilità, non sapevo altro. Ho sempre detto anche a chi mi stava vicino, che non avevo nessun mandato per trattare con Lotito. Facevo solo quello che mi diceva Guido Di Cosimo. Ero venuto a Roma per i soldi che mi avevano promesso e per dare una nuova possibilità alla Lazio. Mi dispiace per quei ragazzi finiti in prigione”.
Da casa al mare la giornata di Giorgio Chinaglia scivola via recitando sempre lo stesso spartito. Sole, passeggiate e qualche sapore italiano.
“Vi porto da mio figlio Anthony. Lì si che respirate un po’ d’Italia. Il suo ristorante è caviale e champagne, ma io prefersco il ragù alla bolognese come lo sa fare lui…”
Le manca l’Italia?
“Certo. Sono italiano. Mi mancano gli amici di un tempo ed ho nostalgia dei sapori del nostro Paese. Adoro il pollo ai peperoni, ma qui nessuno sa cucinarlo. A volte vado a New York dove sanno preparare dei buoni piatti italiani”
Giorgio nel futuro cosa c’è ?
“I Cosmos. Spero che si costituisca presto la società, anche se mi pesa molto tornare a lavorare a New York. Poi spero che la Lazio venga acquistata da un’importante società per diventare grande come ai tempi di Cragnotti”.
C’è qualcosa che non rifarebbe mai nella vita?
“Non ascolterei più Di Cosimo. Alla fine si è rivelata tutta una truffa. A volte mi dico che credo troppo nel prossimo, ma sono fatto così…”
Lo sguardo si incupisce, il sorriso si spegne.L’irriverente sicurezza del Chinaglia che fu sparisce dietro lo sguardo incerto del vecchio campione di oggi. “Presto chiarirò ogni cosa e tornerò in Italia. Ditelo, ditelo a tutti”. Ci liquida così Long John prima di salutarci. “Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia”, cantava anni fa la curva nord. Addio campione d’altri tempi. Good bye Long John.

Fonte: lalaziosiamonoi.it

Una bandiera che rimarrà nei queori biancocelesti per tutte le conquiste che ha fatto in campo, a partire da quel primo scudetto insieme al Maestro..
 
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